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11.12.2013

Un articolo pubblicato nel 2007 sul giornale del Cai XXX Ottobre "L'Alpinismo Triestino"

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LUNGO LE STAZIONI DELLA  FERROVIA TRANSALPINA,  NEL SUO CENTENARIO

Solo all’attento socio Sergio Ollivier non poteva sfuggire che il 19 agosto del 1906 alla presenza dell’arciduca Francesco Ferdinando in rappresentanza dell’ Imperatore, si inaugurava il tratto ferroviario Trieste-Gorizia-Abling, odierna Jesenice, comunemente chiamato Ferrovia Transalpina.
 Sono passati cent’anni dalla realizzazione di questa colossale opera che con il successivo traforo delle Karavanke  tre anni dopo,  si inseriva nella rete ferroviaria dell’impero austro-ungarico. Allora quale migliore occasione per ricordare questo evento se non progettare, proporre e realizzare una serie ponderata di  escursioni che in qualche modo permettessero di conoscere meglio quest’opera?
Ma vediamo prima l’opera e poi  passeremo alla descrizione di come è stato celebrato il suo centenario.
Forse sarà bene fare qualche passo indietro e considerare come Trieste si stava inserendo nel sistema ferroviario europeo e allora ricordare  anche brevemente le origini  delle ferrovie prima di arrivare alla nostra.
Tutto iniziò  nel 1803 quando l’ingegnere inglese Richard Trevithik costruì una macchina a vapore sul modello di quella fissa di James Watt, che permetteva il traino di vagoncini su rotaie, inizialmente di legno, per il trasporto del minerale ferroso estratto nella zona di Merthyr nel Galles meridionale  e fu la prima locomotiva. La macchina subì parecchie modifiche e in particolare quelle apportate dal meccanico George Stephenson  la resero utilizzabile per  la trazione della prima ferrovia pubblica sul percorso Liverpool-Manchester nel 1830. La velocità massima raggiunta, 32  km/ora, fece comprendere subito la potenzialità di questo mezzo di locomozione e tutti gli stati europei o direttamente o tramite  società private cominciano a costruire linee  ferroviarie più o meno lunghe.
Anche nell’Impero Asburgico  si cominciarono a costruire linee ferroviarie ad opera di privati. Infatti la Banca Rothschild nel 1836 otteneva il privilegio della costruzione di una linea ferroviaria sognata e progettata in modo piuttosto vago dal prof. Franz Xaver Riepl di Graz che avrebbe dovuto collegare Vienna a nord con Bochnia in Galizia e a sud con Trieste. In tal modo si sarebbero collegati i bacini minerari del nord con  il porto più importante dell’impero a sud. Si iniziò la costruzione di diversi tronconi verso il nord e nel 1837 era già in esercizio la tratta Vienna (Wagran)- Floridsdorf e l’anno successivo un treno entrava in Brno realizzando così i primi 144 km di quella linea che prenderà il nome di Settentrionale.
L’ingegnere veneziano  Carlo Ghega che aveva una notevole esperienza di costruzioni di strade di montagna acquisita nel veneto ed in particolare nel bellunese, fu prescelto quale ingegnere capo e sotto la sua direzione si realizzarono tutti i successivi lavori. Si continuò a costruire anche a sud di Vienna, in Stiria e Carinzia, ma sempre su tratti brevi e privi di particolari difficoltà tecniche perché il superamento di queste  avrebbe comportato notevoli impegni finanziari.  Però era chiaro a Ghega che una linea ferroviaria, opera di grande interesse pubblico,  doveva essere armonicamente connessa in  tutti i tronconi  ferroviari costruiti fino allora  in modo da costituire un tutto unico. Anche il sistema di trazione doveva essere unificato: solo locomotive e non cremagliere o altro.
Di questo parere era anche il barone Karl von Kübeck, ministro delle finanze del Cancelliere austriaco, principe di Metternich, che si rendeva  ben conto che nessuna impresa privata sarebbe stata in grado di sopportare l’impegno finanziario per il superamento di quelle zone  che presentavano difficoltà costruttive all’apparenza insormontabili ma che comunque dovevano essere realizzate in quanto anelli fondamentali di collegamento per tutta la rete.  Così nel 1842 lo Stato austriaco decise di nazionalizzare l’intero sistema ferroviario  rilevandolo dalle singole aziende private costruttrici. In questo  modo  sarebbe stato lo Stato a definire la fisionomia dell’intera rete ferroviaria nazionale. Grosso modo questa  doveva essere costituita da tre rami principali aventi Vienna come origine: il primo  doveva andare ad ovest verso la Baviera, il secondo a nord verso la Sassonia ed il terzo a sud verso Trieste con diramazione verso Gorizia, Udine, Venezia e Milano per servire il Lombardo – Veneto. Questo terzo  ramo per essere raccordato con le tratte meridionali, richiedeva il superamento delle alpi a sud di Vienna oppure girare attraverso l’Ungheria. Ma in quegli anni  in Europa spiravano forti venti di nazionalismo e non sarebbe stato opportuno far transitare uno strumento così essenziale per la vita di uno Stato per un  paese difficilmente controllabile.
Queste considerazioni fecero cadere nel 1841 la scelta di far passare  la linea per la zona alpina del Semmering  con le conseguenti e prevedibili difficoltà. Ancora Ghega fu incaricato del progetto. Questo prevedeva la costruzione di parecchi ed arditi manufatti, gallerie, ponti e viadotti; celebre quello del Kalte Rinne con due ordini di arcate,  una lunghezza di 142 m e un’altezza di 46 m. Ma l’opera attese il suo inizio fino al 1848, anno di grandi rivolgimenti politici europei. Durante la sua realizzazione  non sempre l’opinione pubblica era favorevole ma Ghega con ferrea convinzione, andava avanti sostenuto con molto fervore dal barone  Karl Ludwig von Bruck, ministro dei lavori pubblici  e fondatore del Lloyd Triestino e dal principe di Windischgrätz che aveva acquisito grandi meriti politici in Ungheria ed acquistato grossi possedimenti sul Carso.
L’opera di scavo fu enorme ed impegnò numerose maestranze, un vero esercito di manovali di tante nazionalità accompagnati dalle loro famiglie. Per rendersene conto appieno,  bisogna ricordare che siamo negli anni attorno al 1850 ed appena nel 1847  il torinese Ascanio Sombrero  aveva sintetizzato la nitroglicerina, sostanza molto pericolosa da trattare e solo nel 1866 Alfredo Nobel aveva trovato il modo di renderla maneggiabile sotto forma di dinamite. Ci volle qualche anno per renderla fruibile   commercialmente e sfruttarla soprattutto nelle opere di scavo o di mina che prima erano fatte a suon di scalpello o con l’utilizzo di polvere da sparo molto poco dirompente. 
E solo con questi mezzi a disposizione,  Ghega completò quest’opera colossale, gioiello del suo genio. Contemporaneamente al tracciato del Semmering, andò avanti però a completare la linea ferroviaria facendola attraversare il Carso da Lubiana a Postumia, a Pivka, a Divača, a Sezana, ad Aurisina da dove, intagliata nella roccia, proseguiva ed entrava nella stazione sopraelevata di Trieste. Sì, sopraelevata, perché la miopia della dirigenza triestina, non accettò il progetto di Ghega che era poi quello dell’attuale stazione, e non molti anni dopo fu necessario  rifarla. Molti, moltissimi i problemi incontrati anche in questo tratto ma tutto fu alla fine superato e così  nel 1856  si concluse  la costruzione della  linea  ferroviaria Vienna –Trieste che fu chiamata Meridionale. Il  progetto vagheggiato da Riepl di collegamento delle zone settentrionali e minerarie dell’Impero con  il suo porto naturale, approvato come detto nel 1836, era finalmente diventato realtà.
Molti manufatti di quest’opera colossale sono ancora in esercizio vedi la struttura del Semmering e senza andar troppo lontano, basta guardare i viadotti di Aurisina che sono opere di quel tempo e in particolare quello proveniente dal Carso è alto 19 metri e lungo oltre 645 m; era il più lungo manufatto dell’intera linea e di tutta l’Europa. Merita  ricordare ancora che la stazione di Aurisina era, dopo quelle terminali di Vienna e Trieste, la più importante per lo smistamento del traffico verso Gorizia, Udine, Venezia e Milano.
Per il meritorio lavoro svolto, a Carlo Ghega furono concessi parecchi titoli onorifici e già  nel 1851 quello nobiliare di Cavaliere diventando così Karl Ritter von Ghega.   
Dalla realizzazione della Meridionale, Trieste trasse notevoli benefici per i suoi traffici commerciali  che aumentarono notevolmente per cui quasi da subito si sentì la necessità di realizzare un’altra linea ferroviaria più diretta con il centro Europa. Questa necessità si accentuò con lo sviluppo commerciale che seguì all’apertura del canale di Suez nel 1869, realizzato su progetto dell’ingegnere trentino Luigi Negrelli.
Così, dopo la realizzazione della  linea Udine - Venezia – Milano (ferrovia del Lombardo-Veneto), si pensò ad un collegamento diretto di questa con  Vienna via  Pontebba  e Tarvisio ma gli eventi del Risorgimento del 1866 e il conseguente ridisegnamento dei confini - Pontebba era diventata confine di Stato- fece abbandonare questo progetto. La necessità tuttavia rimaneva e quindi furono avanzati altri progetti.
Uno prevedeva la risalita dell’Isonzo, il passaggio in galleria al Predil e il collegamento con Tarvisio ma il progetto fu scartato perché da realizzarsi  troppo vicino al confine italiano. Un altro saliva lungo la Val Rosandra a Divača e da questa costeggiando la Selva di Piro,  raggiungeva Skofia Loka e Kranj  ed attraversava le Karavanche prima della cittadina di  Jesenice in modo quasi prospiciente a Klagenfurt. Anche questo progetto non incontrava molti favori perché oltre a presentare diverse difficoltà tecniche, attraversava un territorio poco densamente popolato e quindi di scarsa utilità, ed infine lasciava fuori  del percorso proprio Jesenice,  centro minerario da cui la  nostra  Ferriera di Servola derivava come filiale.
     Fra i tanti progetti presentati si inseriva nel 1884 anche quello del conte Giacomo Cecconi, famoso per la costruzione della linea ferroviaria Innsbruk- Bregenz. L’attraversamento della catena montuosa dell’Arlberg e la consegna del manufatto prima dei tempi contrattuali gli fruttarono il titolo nobiliare confermato anche dalla corona d’Italia per la realizzazione, a sue spese, della strada che collega Vito d’Asio  con la Valle dell’Arzino  nella quale, a Pielungo, era nato.
     Il conte presentò alla Camera di Commercio di Trieste un progetto di linea che partiva da Trieste dalla stazione di Campo Marzio (vicina alla Ferriera e capolinea della tratta fino ad Herpelje-Kozina realizzata nel 1887 lungo la Val Rosandra), saliva sull’altopiano carsico a Villa Opicina  dove intersecava  la Meridionale, ridiscendendone a Gorizia per la valle del Vipacco da cui proseguiva lungo l’Isonzo fino a Most na Soči (S. Lucia di Tolmino).  A questo punto iniziava  il tratto più problematico ed irto di difficoltà tecniche da superare. Bisognava risalire la tortuosa e stretta valle della Bača fino a Podbrdo (Piedicolle), attraversare la catena montuosa delle Alpi Giulie (le propaggini meridionali del Tricorno) per  passare nella vallata di Bohinj (il  tedesco Wohein) e  da questa andare alla conca di Bled  e a Jesenice. Il progetto prevedeva tutta una serie di grandiosi manufatti tra cui un traforo, quello delle Alpi Giulie detto del Wohein, lungo 6 km, per mettere in comunicazione la vallata dell’Isonzo con quelle della Sava. Un altro traforo, lungo 8 km sotto la catena delle Karavanke,  avrebbe portato da Jesenice a Rosenberg, posizione intermedia tra  Villaco e Klagenfurt inserendo così la linea nella rete nazionale austriaca e risparmiando in tal modo, gli allunghi della Meridionale che passava per Lubiana e Maribor.
Il  progetto supportato e sollecitato dalle Camere di Commercio di Trieste e Gorizia, venne accolto favorevolmente negli ambienti ferroviari viennesi anche perché questo andava incontro alle esigenze degli alti comandi militari (come già accennato, in questo periodo la costruzione e la gestione delle ferrovie era in mani governative in quanto opere di interesse pubblico ma anche e, forse soprattutto, perché di interesse strategico-militare). Il conte per spingere l’approvazione del progetto e dimostrare la fattibilità dello stesso, cominciò nel 1890, sempre a spese proprie, a fare rilievi e studi ed addirittura nel 1900 ad iniziare il traforo del Wohein.
Dopo molte discussioni e tentennamenti  nel 1901  il Parlamento di Vienna approvò un vasto programma ferroviario, l’Alpenbahn Program, per il collegamento della Boemia a Trieste, la ferrovia Transalpina,  e la linea citata, la linea del Wohein o la Woheiner bahn,  con qualche lieve modifica, vi si inseriva perfettamente.
La costruzione incominciò  subito sotto la direzione dell’ing. Karl Wurmb, direttore generale dei lavori ferroviari ed insigne progettista  e costruttore di altre cinque linee alpine, tra cui anche il citato traforo delle Karawanke. I lavori furono appaltati a diverse ditte e a quella del conte Cecconi fu assegnato assieme ad altri lotti, anche il traforo appena  iniziato. I lavori si protrassero più del previsto per le imprevedibili difficoltà che sorgevano e  a cui si doveva dare rapida soluzione. Quale esempio quasi aneddotico, una difficoltà incontrata fu la copiosa presenza di vene d’acqua in galleria, acqua che fu  convogliata opportunamente in condotte di raccolta e scarico. Ma nel periodo invernale? Il ghiaccio foderava i binari e sotto forma di ghiaccioli pendeva dal  soffitto. Si poteva ovviare o togliendolo andando su e giù sistematicamente oppure proteggendo la galleria munendo gli imbocchi con dei portoni di legno che dovevano essere aperti solo per il  passaggio dei treni. In maniera simile  s’erano risolti problemi analoghi sul tracciato del Semmering.
Ma alla fine tutte le difficoltà furono superate e come detto, nel 1906 la linea, usualmente chiamata  la Transalpina, entrò in esercizio e funzionò egregiamente fino all’inizio della prima guerra mondiale. Poi le successive vicende politiche ne hanno variato le pertinenze, modificato il percorso e diminuita l’importanza. Merita ricordare tuttavia  che sussiste ancora, magari ridotto,  il collegamento ferroviario tra  Sezana e  Jesenice.

Passiamo ora a descrivere le modalità per la celebrazione del centenario della messa in esercizio di questa colossale e stupenda opera. Come l’ha voluto fare il nostro socio?
Come detto, progettando una serie di escursioni, per l’esattezza dieci, tappe o gite, che avessero come guida o riferimento il tracciato della ferrovia Transalpina e come minimo comune denominatore la visita di una o più  delle sue stazioni.  La programmazione temporale delle varie tappe è avvenuta tenendo conto dei fattori climatici; infatti escursione lungo la linea non significa seguire pedestremente i binari del treno ma andare da un punto all’altro seguendo tipici sentieri montani, ascendere qualche cima, valicare qualche catena, quest’ultime,  cose non fattibili  nel periodo primaverile per la probabile presenza  di neve. Così le tappe sono state programmate  tenendo conto di questi fattori. Ogni tappa, oltre a soddisfare il requisito minimo della visita di una stazione della ferrovia, ha portato i partecipanti a percorrere sentieri poco noti, ha evidenziato particolarità, bellezze naturalistiche e significativi manufatti per cui merita descrivere nel seguito succintamente la realizzazione di quanto programmato. Per comodità la descrizione non seguirà l’ordine di realizzazione, desumibile per altro dall’ordine della tappa, ma si appoggerà al tracciato della  ferrovia e manterrà la denominazione  originale dei percorsi.

I  tappa: Una passeggiata per le vie cittadine da Campo Marzio alla Stazione di Villa Opicina

L’inizio è coinciso con la prima uscita stagionale del Gruppo Escursionismo a metà gennaio e quindi doveva essere una tappa per iniziare a muovere le gambe messe a riposo con la sosta invernale. Raduno a Campo Marzio, stazione di testa della Transalpina, e quindi la comitiva degli escursionisti  è partita  snodandosi  lungo le vie cittadine, per i rioni dei Campi Elisi e di San Giacomo toccando la stazione di Rozzol e di Guardiella. Con un infilarsi per vicoli e per dimessi sentieri, noti solo all’ideatore del progetto, è giunta  al Campo Cologna e da questi a Scala Santa e al Monte Radio. Il sentiero Stefania ha permesso  di attraversare lo stupendo bosco Terstenico e di raggiungere la strada napoleonica. Da questa al sentiero Coboldi il passo è stato breve ma le crude folate di bora che imperversava tutto il giorno hanno accolto sul crinale i partecipanti tanto da far loro accelerare il passo per raggiungere prestamente la stazione di Villa Opicina  sollecitati forse anche dalla sensazione che un delizioso “rebekin” sotto una tettoia protetta, avrebbe ravvivato gli animi e concluso la tappa.

II tappa: Paesi carsici lungo la Transalpina da Villa Opicina  a S. Daniele del Carso

          I partecipanti sono partiti  dalla stazione di Villa Opicina alla volta di Monrupino e della sua Rocca. Superato il  valico confinario con la Slovenia, toccata la dimessa stazione di Repentabor e superato il dosso boscoso, sono giunti  al paesino e alla fermata di Kreplje dove si innesta il nuovo raccordo  ferroviario proveniente da Sesana, costruito dopo l’ultima guerra e  necessario per far funzionare tutta la Transalpina in territorio sloveno. Una strada bianca passando per vigneti e le case sparse di Godnje, li ha portati a Duttogliano mentre il campanile della chiesa di S. Giorgio ha fatto costantemente  da utile punto di riferimento. Visitata la sua stazione, la comitiva s’è diretta verso Skopo attraversandolo tutto fino all’antichissimo monumento che invoca la protezione divina contro le pestilenze e raggiunta la parte più alta del paese è proseguita fino al paese di Kopriva dalle caratteristiche case i cui portali sorreggono architravi scolpite.  Toccata la stazione, i partecipanti hanno imboccato il sentiero geologico sloveno che li ha portati  a Hruševica e da questa, attraversando stupendi vigneti, sono pervenuti alla stazione e alle trattorie di Stanjel dove la gita ha avuto degna anzi degnissima conclusione.

III tappa: Paesi e Borghi della Val Branica
          Il cielo è terso, il clima mite e la primavera nell’aria. Dopo la visita alla stazione di Štanjel, i partecipanti ono partiti verso il paesino di Kobdilj, caratteristico per i  focolari addossati alle case e  per la casa dei Fabiani  col mitico gelso, per proseguire alla chiesetta di S.Gregorio dove nell’attiguo cimitero si trovano  le loro tombe di famiglia. Ritornati  al borgo fortificato di Stanjel  hanno avuto  modo di apprezzare   molte preziosità etnografiche e degustare qualche golosità gastronomica  prima di uscirne per proseguire in direzione del paesino di Lukovec e dell’adiacente colle  dal quale la vista spazia  su tutta la valle del torrente Branica mentre fa da sfondo la Selva di Tarnova. Un sentiero nel bosco li ha portati  in breve  al castello di Rihemberg, interessante costruzione del dodicesimo secolo, più volte rimaneggiata, visitato con l’ausilio di una guida locale. Per un antico acciottolato sono scesi  a Branik che hanno lasciato  passando sotto il lungo viadotto della Transalpina risalendo per un bosco all’isolato e delizioso borgo di Pedrovo, posto in posizione panoramica dove terrazzi di vigne degradano nella valle del Vipacco. Transitando  tra questi  ed imboccando qualche sentiero sbagliato come capita in una escursione che si rispetti, i partecipanti sono giunti rapidamente a Dornberk e da questo al paesino di Zalošče dove buona parte di loro ha concluso festosamente l’escursione in un  agriturismo della zona.   Merita menzione che sia Lukovec che Pedrovo sono stati significativi punti di ricompattamento  e, nell’attesa, di un estemporaneo ma gradito ristoro.

IV tappa: Dalla valle del Vipacco al Piazzale della Transalpina a Gorizia
I partecipanti sono partiti dalla Stazione di Dornberk. Costeggiando il fiume Vipacco, sono giunti rapidamente  al paesino di Prvačina e da questi alla sommità del  colle dove faceva  vistoso riferimento nella vallata un’antenna per la telefonia. Scendendo da questo sono giunti al lago artificiale  di Vogršček, utile bacino di irrigazione per la zona e sarebbe stato una splendida nota coloristica se il tempo non fosse stato inclemente. Infatti è piovuto per tutta la giornata rendendola particolarmente uggiosa. Comunque il cammino è proseguito. E’ stato costeggiato il lago e raggiunti la frazione di Replje ed il castello di Vogrsko, di impronta rinascimentale e restaurato ad utilizzo privato. Scesi al borgo di Britof ed oltrepassato il torrente Lijak, un’amena strada forestale che si innalza lentamente nel mosso paesaggio collinare  ricco di vigneti li ha portati alle case sparse di Stara Gora. Da questo paesino per agevoli carrarecce sono giunti al colle di S. Marco, poi alla Rožna Dolina ed infine costeggiando il bosco Panoveč, al Monastero di Catagnevizza dove è stata visitata la cripta che custodisce le tombe degli ultimi Borboni di Francia. Da qui in breve è stata raggiunta la meta della tappa, il famoso Piazzale della Transalpina, dove è stata rimossa la linea confinaria come auspicio per un’Europa unita.
                       
V tappa: Traversata isontina lungo il Sabotino e il Korada da Salcano  a Deskle
          Questa volta la partenza è avvenuta da Salcano oltrepassando l’Isonzo ed ammirando il ponte in pietra della ferrovia Transalpina, ardito manufatto opera dell’ing. Leopold Örley, distrutto durante la prima guerra mondiale e rifatto con le stesse modalità. Inizialmente  è stata percorso un tratto della strada che taglia il versante meridionale del Monte Sabotino e poi è cominciata la salita per un sentiero marcato che porta dapprima alle rovine dell’eremo di S. Valentino e poi, lungo i cippi confinari, alla cresta del monte munito di opere belliche, resti della prima guerra mondiale. La discesa è avvenuta lungo una cresta panoramica lungo un sentiero tracciato con grande perizia che ha portato al paesetto di Verhovlje. Seguendo antiche mulattiere e sentieri nel bosco, i partecipanti sono risaliti al rifugio in cima al Monte Korada dove la bella giornata ha permesso un’ampia panoramica sulle Alpi Giulie e sul Collio.  Dopo la chiesetta di S. Gertrude, posta sul pianoro della cima, sono scesi per una larga strada, presto abbandonata a favore di un sentiero nel bosco che li ha portati ai solari paesetti di Kamenca e di Goljevica e all’antica chiesetta di Sv. Volbenk. Per una mulattiera poco sotto il paese sono scesi a valle, hanno oltrepassato la ferrovia e raggiunto la stazione di Deskle-Ankovo, nella valle dell’Isonzo.
 
VIII tappa: Sui Monti della Val Bača sovrastanti le stazioni di Hudajužna e Podbrdo
           Lasciato Most na Soči,  il pullman si è inoltrato nella stretta e tortuosa valle della Bača fino al paesino di Petrovo Brdo dando la possibilità ai partecipanti di ammirare gran parte delle opere ferroviarie realizzate il quella valle per poter far transitare la Transalpina; gallerie, ponti, viadotti, stazioncine. L’escursione è iniziata seguendo il sentiero n.1 della traversata geologica slovena il quale sale gradualmente in zona boschiva fino alla cappelletta di Rotvar. Da questa i partecipanti hanno  percorso tutta la dorsale boscosa toccando il rifugio Dom Andreja Žvana e raggiungendo infine la  cima del Monte Porezen dove la vista avrebbe dovuto spaziare lontana ma in quel giorno una coltre di nubi avvolgeva la cima deludendo l’aspettativa di vedere l’imponente Tricorno. Dopo la sosta nell’accogliente rifugio, hanno  proseguito il cammino scendendo per un sentiero che dapprima taglia verso ovest la fiancata del monte fino ai pascoli della Jeseniška Planina e poi  prosegue per il crinale boscoso fino a dei casolari isolati. Superati questi, sono scesi per agevole mulattiera e fruendo di qualche scorciatoia, alla stazione ferroviaria di Podburdo-Piedicolle dalla quale  inizia il traforo del Wohein.

IX Tappa: Il Lago di Bohinj e il Monte Crna Prst  ovvero traversata da
Bohinjska Bistrica   a  Podbrdo.
La tappa precedente aveva portato a Podbrdo all’imbocco della galleria attraversata la quale si arriva alla stazione di  Bohinjska Bistrica.  Per celebrare questo punto significativo della Transalpina la comitiva degli escursionisti s’è radunata nella sua stazione. La giornata era luminosa, splendente ed invitava a disperdersi in un oziare beato nell’incantevole conca del lago di Bohinj. Tuttavia una parte della comitiva  è salita dal paesino di Brod alla  Rudnica, una cima boscosa posta al centro della vallata, scendendone poi a Stara Fusina, delizioso paesetto, dal quale ha proseguito seguendo la sponda nord del lago fino al suo immissario, la Savica dove è stata recuperata dal pullman.
La rimanente parte, la più determinata ed aggressiva, è salita sulla catena montuosa a sud, ultimi contrafforti delle Alpi Giulie scendenti dal Tricorno, raggiungendo la cima del Črna Prst per canaloni ancora colmi di neve. Poco tempo per ammirare lo stupendo panorama che si apriva alla vista  e via in discesa  lungo l’erboso  versante meridionale del monte per arrivare il prima possibile alla stazione di Podbrdo. L’ansia accompagnava la comitiva perché, diversamente dal solito, dovevano essere rigorosamente rispettati gli orari. Un sospiro di sollievo è stato tratto dai partecipanti quando è comparso in stazione il mitico treno della Transalpina sul quale sono saliti e che, attraverso la galleria, li ha portati nuovamente a Bohinjska Bistrica a congiungersi al resto della comitiva realizzando un piccolo ma bellissimo esempio di treno-trekking di cui tanto si parla oggigiorno.       

VI tappa: Sulle colline e lungo il Lago di Bled
Favorita da una stupenda giornata di sole, l’escursione ha avuto inizio dal campeggio Zaka posto sulla riva del lago. I partecipanti sono saliti dapprima ad ammirare la stazione della Transalpina di Bled Jezero  per proseguire poi, attraverso prati ricchi di abbondanti fioriture di ellebori neri o rose di Natale, verso il castello di Bled, arroccato su uno strapiombo sul lago. Dopo la  visita al castello, i partecipanti, a gruppetti, sono scesi al lago scegliendo  un ameno punto della riva per il pranzo al sacco. Ripreso il cammino, sono saliti al boscoso colle di Straža e dopo una sosta nei pressi della stazione sciistica, sono ridiscesi al  lago in località Mlino, punto d’approdo delle barche che collegano l’isola al centrolago, famosa per la caratteristica chiesa dedicata alla Madonna, attrazione turistica e meta di pellegrinaggi. Da questo punto una parte dei partecipanti ha seguito, nella variopinta fioritura primaverile, il lungolago fino al campeggio di Zaka. L’altra parte ha preso invece un sentiero erto, spesso attrezzato, che ha portato prima ad una balconata aerea, poi ad un belvedere e infine alla cima del colle della Mala Osojnica, tutti punti stupendamente panoramici, dai quali poi sono scesi al lago all’accogliente campeggio Zaka. Così in un modo o nell’altro, festosamente, tutta la comitiva ha compiuto il periplo di questo lago, fulgida perla della Carniola.
 
VII tappa: Da Bled a Jesenice. Il Vintgar e le colline della Sava
    Da Bled per raggiungere Jesenice, si deve attraversare la zona collinare attorno al lago che la ferrovia supera con galleria e arditi viadotti. Nella zona esiste la stupenda gola del Vintgar dove il torrente Radovna  ha scavato il suo corso. La forra fu scoperta casualmente da Žumer e Lergetporer nel 1891 che subito ne intuirono la potenzialità turistica e provvidero ad attrezzarla aprendola al pubblico nel 1893. I partecipanti sono partiti dal paesino di Gorje e raggiunto Podhom, hanno iniziato a percorrere il sentiero nella forra che, su passerelle e ponticelli, si snoda lungo il torrente e lo attraversa più volte mostrando deliziosi scorci di  cascate e rapide tumultuose terminando  dopo 1600 metri in prossimità della cascata Šum, sovrastata dall’aereo viadotto della Transalpina. Dopo una sosta rigeneratrice nel vicino posto di ristoro, la comitiva, recuperati tutti i partecipanti attardatisi lungo la forra per catturare immagini suggestive, ha proseguito l’escursione inerpicandosi nei boschi uscendone dapprima  nei frutteti di Blejska Dobrava, e superando poi la  zona collinosa a ridosso, per uscirne nei pressi dell’abitato di Kočna. Purtroppo il tempo, inizialmente non proprio dei migliori, s’è guastato definitivamente ed è iniziato a piovere insistentemente. Si è deciso allora di concludere la gita e di portarsi alla stazione di Jesenice per il pranzo. Il pomeriggio, smesso di piovere, il capogita ha suggerito, accettata, la visita di Radovljica, deliziosa cittadina posta alla confluenza dei due fiumi che formano la  Sava, ricca si spunti architettonici, di scorci artistici e panoramici ma soprattutto molto nota per la presenza di un museo dedicato all’apicoltura, unico nel suo genere. La visita ha mostrato l’attrezzatura per l’allevamento delle api, svariati tipi di arnie e lo sbizzarrirsi della fantasia umana posta nella loro decorazione. Ma punto focale del museo era un’arnia con pareti di vetro, sistemata in una stanza e collegata con l’esterno tramite una condotta anch’essa di vetro. Questo ha permesso di osservare dal vivo quella fantastica meraviglia della natura che è una colonia di api in frenetico movimento per eseguire i compiti assegnati a ciascuna di esse.

X tappa: Traversata delle Karavanke tra le due stazioni del traforo della
Transalpina tra i prati di narcisi
Si è giunti all’ultimo tratto del percorso; per arrivare a Rosenbach è necessario superare la catena delle Karawanke. Pertanto i partecipanti sono partiti dalla località  Dom pod Golico poco sopra Jesenice, salendo  per un erto sentiero nel bosco direttamente al Rifugio Koča na Golici  dove una parte s’è fermata per ridiscendere poi con calma al punto di partenza. Un’altra parte, la più decisa, è salita alla cima del monte Golica dove la fioritura di narcisi è stata minore dell’attesa. La giornata era splendida e il panorama  vastissimo sia a nord sulle le valli carinziane, con il sinuoso corso della Drava, i laghi ed anche i monti lontani, sia a sud sull’ ampia vallata della Sava e sulle montagne slovene fra le quali spiccava  maestoso il Tricorno.
La discesa è avvenuta per il ripido versante austriaco lungo vasti macereti prima  per seguire poi strade forestali e comodi sentieri nel bosco sino a giungere a  Rosenbach, punto di innesto della Transalpina nella rete ferroviaria austriaca.

Questa è stata l’ultima tappa del progetto e il tutto doveva essere celebrato  degnamente. Al rientro con il pullman, questi è stato fatto fermare alla stazione di servizio di Voklo, vicino a Kranj.  L’area è vasta ed accogliente e familiare a molti dei  partecipanti  a causa di altre occasionali soste precedenti. Rapida è stata l’azione preparatoria del consistente ad allettante  “rebekin”, conclusivo e celebrativo ed altrettanto rapida la sua consumazione ma con festa ed allegria. La stura dello spumante e il successivo brindisi hanno suggellato definitivamente questo momento celebrativo del centenario di quell’opera fantastica che è la Ferrovia Transalpina.

Poche cose da aggiungere: un giudizio e un ringraziamento.
Come si può evincere dalla descrizione delle singole uscite, il giudizio è sicuramente positivo per l’intero progetto che ha visto le prime cinque tappe seguire  il tracciato della Transalpina mentre le ultime hanno toccato i suoi punti più significativi. In ciascuna tappa, oltre a rispettare l’impegno di toccare una delle stazioni, si sono sviluppati percorsi interessanti e di soddisfazione, alcuni dei quali anche impegnativi. Il tempo è stato buono per la maggior parte delle tappe ed alta la partecipazione alle stesse, contando sempre su uno zoccolo duro di fedelissimi ma anche su tanti, tantissimi simpatizzanti. Come descritto, non sono mancati momenti di aggregazione e socializzazione, motivo e scopo fondamentali  di una associazione.
Un ringraziamento caloroso e sincero va rivolto a Sergio che ha ideato il progetto e che ha guidato con la solita perizia e precisione, buona parte delle tappe, agli altri accompagnatori e a tutti coloro che si sono prodigati per la riuscita. Ringraziamento che formulo a nome di tutti i partecipanti pensando di interpretare il loro pensiero. A questo aggiungo anche quello vivo e cordiale del Gruppo Escursionismo che rappresento ed il  mio personale. 

Giancarlo De Alti

Bibliografia.
P. Petronio – Transalpina – Ed. Italo Svevo, Trieste 1997
A. Rampati – Carlo Ghega , il Cavaliere delle Alpi – Ed. Italo Svevo, Trieste 2002